Ciascun artista ha il suo lato intimista, la propria bolla creativa privata che nulla ha a che vedere con il lavoro. La serie di incisioni presentata in questo post è il mio racconto privato; una serie nata per una specifica esposizione, allo studio Arkema di Portogruaro nel 2015. La mostra è stato l’espediente per tradurre in incisione i ricordi di giardini d’infanzia, ricordi di fioriture che sono, vita, passato, memoria, storie. Queste piccole storie.
Il giardino nobile
Il giardino nobile, nel mio racconto per immagini, non è il giardino di una dimora nobiliare, ma il giardino che nasce da un’intenzione, da un progetto, un idea, il nobile intento, appunto, di dare personalità a un fazzoletto di terra fuori casa; da queste parti, in Friuli, il giardino di una casa comune è per lo più abitato da piante “pratiche”, arbusti, perenni, o fioriture annuali abbondanti, in un intento amorevole tipicamente matriarcale di raccontarsi in uno spazio tutto proprio; Otto-Oleandro, è l’immagine vivente di questa intenzione, l’oleandro che mia nonna ha piantato 65 anni fa in un triangolo anonimo di terra, fra la sabbia del vialetto e il recinto sulla stradina, la sua conquista dello spazio, la sua definizione di bellezza, in una pianta vigorosa, apparentemente inutile, per i valori di necessità della vita contadina all’epoca.
Oggi l’oleandro sovrasta quel triangolo di niente, con i suoi sei metri d’altezza e il doppio del diametro, una pianta capace di sopravvivere all’incostanza degli uomini e all’intemperanza delle stagioni, portando ancora oggi ad ogni stagione, nella sua profumata fioritura rosa-di-rosa l’originario messaggio di amore e bellezza.
Il giardino spontaneo
Dove abita questa malva gigante? E soprattutto, da dove viene? Se vi dicessi che l’ha portata il vento? Dapprima il vento, poi, io… in treno…
Nei cunicoli del tempo è conservato il periodo in cui abitavo a Marghera, sì, Marghera quella là, quella con il fumo nel cielo, o il cielo nel fumo, più o meno in queste proporzioni. Da universitaria occupavo un appartamento al quinto piano di un palazzone nel quartiere CITA, esattamente quello con i condomini a croce, schiacciato tra la ferrovia, l’autostrada e la Fincantieri.
Non ricordo giardini particolari intorno, ma alla fine del primo anno, una primavera comparve un dono portato dal cielo. Lassù, al 5° piano su una terrazza vuota, dove le fioriere secche, abbandonate da anni dai precedenti inquilini, dovevano certo aver ospitato un po’ di colore e serenità, era nato un malvone, che a maggio fiorì; miracolo porpora, miracolo di città. Così ne conservai i semi per ripetere il miracolo nel giardino della mia casa natale. Ora le malve nascono a caso ogni anno, senza più bisogno di me, sparpagliandosi intorno come risate a una festa.
La serie è esposta attualmente presso il ristorante Le Bogart, 72, boulevard de la République, 92420 Vaucresson, Francia.