Fotografie… memoria.
A volte torno in Italia. Il tempo limitato e predefinito dei miei soggiorni è un vincolo ed uno strumento allo stesso tempo. Mi nutro di ricordi. Accedo alle mie fonti. Leggo, rileggo e ritrovo le tracce. Sintesi, selezione, scarto.
Fra le tracce più preziose da recuperare in questo ultimo viaggio c’era un ricordo magico. Magico perchè lontano nel tempo: 1989. Magico perchè c’era ancora papà. Magico perchè iniziavo a fotografare per la prima volta. Magico perchè il luogo è magico.
Il lago, fra le montagne che incanalano il fiume Meduna, non esisteva prima del 1952, anno del collaudo dell’invaso artificiale formato da una diga alta 50 metri la cui costruzione era terminata circa otto mesi prima. Si produceva energia in quegli anni in Italia, una forzata industrializzazione portava via i giovani dalle campagne e le comunità che restavano arroccate nei loro villaggi impervi di montagna a volte venivano espropriate, come nel caso delle tre borgate di Movada, Flour e Redona, per motivi di “pubblica utilità”: costruire grandi bacini idroelettrici per alimentare le fabbriche della pianura.
Le persone si sono disperse, le generazioni sono cambiate ma sotto questo lago azzurro resta la memoria di quella che doveva essere una vita semplice, contadina, adattata alle pieghe e alle ripide discese della vallata. Raramente, nei periodi di grande siccità, il lago si ritrae ed emerge un villaggio sommerso: Movada. E’ un soffio sospeso nel silenzio. Sul fondo del lago, i muri aperti verso il cielo contengono uno spazio di tempo andato. Sul fondo del lago, nel fango, ceppi di viti, alberi da frutto fossilizzati, perimetri di proprietà, raccontano perimetri di cuore, perimetri di vita.
La prima volta che vidi il villaggio sommerso era il 1989. Era il mio primo safari fotografico. Era il mio primo appuntamento con una fotocamera che sarebbe diventata amica e confidente indispensabile per tutto il resto della mia vita. Le mie foto erano imprecise, oggi diremmo “lomografie” ed andrebbero di moda, ma allora erano semplicemente delle immagini molto al sotto degli standard di precisione che mi ero prefissata. E di quelle foto se ne è conservata solamente una.
Appena nell’autunno 2016 ho potuto rivedere le case del lago. Queste foto, fatte con una fotocamera professionale servono a pareggiare il conto con un passato sospeso, per ritrovare l’immutabile silenzio, per conservarlo in qualche modo, prezioso, così come l’acqua azzurra del lago conserva il suo segreto.
fotografie ©Laura Hirennau